Questo articolo partecipa al Concorso “Coppa della Legalità”
Trasimaco abiura dinanzia Dike o Dialogo di una persona morale con la propria coscienza e si parla di qualcosa, solitamente, o è perché l’argomento interessa particolarmente l’interlocutore, o è perché c’è necessità di discuterne. E quando ci sono le condizioni affinché si scelga la seconda opzione, vuol dire che – invertendo
retoricamente la prospettiva del bicchiere mezzo pieno – ce n’è anche la carenza.
Ebbene, è questo il caso della persona morale.
Chi è in grado di dire cosa è male e cosa è bene? La persona che,
interiorizzando il principio di legalità, lo accetta e lo riconosce come garante della propria libertà.
Ma come può una costrizione esterna
– che limita e confina l’individuo – garantire libertà? Pare una contraddizione.
Eppure tale non è.
Il diritto, così come oggi è inteso, viene interpretato e formalizzato per la prima volta dal giusnaturalismo.
La filosofia comincia ad analizzare la condizione umana vigente, e tenta di trovarne l’incipit. Secondo questa corrente di pensiero, la società civile nasce, pertanto, quando i primi uomini –
la cui vita è caotica e minacciata dalla violenza dello stato di natura – si accordano l’un con l’altro per stipulare un contratto. Il contratto sancisce formalmente il diritto, anzitutto naturale, quindi in primo luogo alla vita.
Gli uomini decidono di uscire dallo stato di natura confinando e vincolando la propria libertà al rispetto dovuto alle regole comuni nel contratto
Ma cosa garantisce il valore del contratto? È semplice comprendere come questo sia da individuare nella moralità. A responsabilizzare l’individuo al rispetto del diritto sarà quindi il principio di legalità, secondo il quale è giusto, oltre che conveniente, condividere le leggi e rispettarle Si comprende però come l’osservanza
del diritto non sia qualcosa di intrinseco. Il principio di legalità è qualcosa di successivo al diritto stesso, e non è da esso esplicitato per un semplice motivo.
Lo spirito del contrattualismo afferma che il contratto sia accettato e stabilito dalla volontà popolare. L’unanimità in questa scelta esclude la necessità di un appello ulteriore alla riverenza di tale contratto,
già in partenza.
Si sente, invece, il bisogno di introdurre nell’ambito contrattualistico la moralità, non appena si è costretti a
punire l’eventuale violazione del contratto.
Il principio di legalità allora si esplica negativamente nella pena, nel
diritto contro il torto, necessario affinché si restauri, in qualche modo, la condizione precedente, tenendo conto del principio di giustizia.
Lo stesso può avvenire, però, positivamente, interiorizzando il principio di legalità e sentendolo – nello spazio della condivisione – come sommo garante della propria libertà. Si evita in tal modo di
violarne l’integrità, comprendendone l’importanza in sé delineata.
È certamente un atto che dev’essere spontaneo. Si tratta di scalfire la coscienza più intima che legifera sulle nostre azioni, talvolta le più importanti, quelle con risvolti talora decisivi sulla nostra vita.
Glaucone – allo scopo di suffragare l’idea di Trasimaco, ovvero che la giustizia è la legge del più forte – nella Repubblica di Platone racconta di un pastore di nome Gige. Egli trovò un anello, il cui castone – se ruotato – gli permetteva di scomparire e di rendersi
magicamente invisibile. Servendosi di questo stratagemma (l’invisibilità “alle leggi e alle sue sanzioni”), decise di
sedurre la regina e assassinare il sovrano, proclamandosi re lui stesso.
Con questo mito Platone mette in luce la falsità dell’idea che la morale sia relativa, e che lo sia quindi la stessa Giustizia. La sola possibilità di sottrarsi alla costrizione delle leggi, fa sì che anche l’uomo più onesto, resosi invisibile, si faccia corrompere. Allora, che Trasimaco, scoprendo in sé il principio morale, s’inginocchi dinanzi a Dike e abiuri. Abiuri la sua tesi: il giusto non è l’utile, non è Dike stessa. Le chieda perdono per aver infangato il suo sacro nome. Trasimaco diventa allora l’umanità di ogni epoca, costantemente sull’orlo della deviazione etica.
Il denaro, il successo, la scorciatoia illegittima nel raggiungere lo scopo non sono più le scusanti dietro alle quali nascondere le proprie scelte, bensì le dirette cause, che corrompono e distol-gono la coscienza umana dal principio più sacrosanto, anche se forse il più arduo nell’applicarsi. Vi tentarono Adamo ed Eva, ma errarono: è una situazione, dunque, primordiale, il capire con co-scienza cosa è Bene e cosa è Male.
Giuseppe Russo
Liceo Scientifico Statale “E. Fermi” – Paternò
Parte dal Liceo scientifico E.Fermi di Paternò la terza edizione “Coppa della Legalità”, progetto promosso dall’Associazione Antiracket Libera Impresa e dall’Associazione Nazionale Magistrati di Catania, aderiscono i Comandi Provinciali dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, della Questura di Catania e la testata giornalistica di CIAK News, guidata dal direttore Dottoressa Mary Sottile (Corrispondente La Sicilia)
Nella giornata di oggi, ha presenziato il Giudice Dott. Francesco D’Arrigo, il quale ha voluto sottolineare l’importanza i primi dodici articoli della Costituzione Italiana.
Gli interventi degli studenti hanno animato l’ora di legalità rendendola estremamente interessante.
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