“La madre abbracciata alla figlioletta. Claudio rannicchiato dietro al divano”. Questa la scena che si è presentata

Nell’attentato: i malviventi che cospargevano di benzina la macelleria, l’esplosione, le vittime tra le fiamme. Al centro una foto di famiglia, o meglio, quella che era stata la mia famiglia.

In ospedale, poi, alla mia sinistra, un ragazzo. Uno sguardo giovane, semplice, apparentemente innocente.

Antonino Testa, ventidue anni, abitante a Piedimonte Etneo. Era lui il ragazzo che avevo visto in ospedale. Il ragazzo che mi aveva fissata e che invocava sua madre.

Quel giorno, non sapevo che il mio sguardo stava incrociando quello che poi ho saputo essere uno dei colpevoli responsabili della tragica morte della mia famiglia. Eppure, in quegli occhi, Enza non vide tutto questo.

Trenta minuti dopo la mezzanotte del primo luglio dello stesso anno, stando alla ricostruzione processuale dei fatti, Antonino versò la benzina davanti alla saracinesca della macelleria, gli diede fuoco, ma una deflagrazione lo scaraventò al di là della strada, fu soccorso appena arrivarono le ambulanze, era in fin di vita, gridava “mamma”, “mamma”, morì in ospedale a causa dei forti traumi.

“Mio fratello, che non era un cattivo ragazzo, si è lasciato indurre a collaborare al piano criminale e sicuramente per una offerta economica allettante.

Antonio era incensurato e pieno di altruismo, invece tutti poi lo hanno dipinto come un mostro, era soltanto un debole, un ingenuo, un ragazzo pieno di vita”.
In questo modo, Giuseppina Testa (sorella di Antonio) si rivolse a giornali e riviste per far sentire la sua voce. La voce intrisa di dolore di una sorella che improvvisamente si è ritrovata a convivere con un lutto a cui non saprà mai dare una spiegazione.
Io, Giuseppina l’ho conosciuta. E non l’ho mai identificata, in cuor mio, come la sorella di Antonino “l’attentatore”, ma come una sorella che ha perso un fratello. Un’altra vittima a cui, anche se in modo diverso dal mio, è stato strappato via un pezzo di cuore. Proprio come hanno fatto a me.

Enza scrive tutto ciò nel suo libro, ricostruendo i fatti avvenuti in quella terribile notte, mette insieme le carte, perizie e verità giudiziarie, ma si trova d’avanti a incongruenze, lacune, deduce che in questo processo non sono mai stati individuati i mandanti, ha pagato con la vita un ragazzino, Antonino, che a causa di cattive compagnie si è fatto coinvolgere in questa orribile tragedia.

Questo non è racket, è un disegno criminale per far soldi, senza guardare in faccia nessuno, senza pensare alle conseguenze e alle vite degli altri.

Mi auguro ci sarà giustizia a tutti i livelli, ecco perchè mi batto cercando di fare emergere la verità, l’unico motivo per cercare serenità e pace.

Enza Sanfilippo (strage di Maletto 02/Luglio1991)

 

Il libro

“Quando chiudo gli occhi, non ritrovo tra i miei ricordi quella bambina felice e spensierata. Al contrario, riesco solo a sentire le campane della mezzanotte suonare, la brezza di luglio sulla pelle, il mio corpo cercare disperatamente riparo e il mio respiro affannato invocare un po’ di ossigeno”.

Vincenza Sanfilippo