Era l’otto di aprile del 2015, quando alla nostra porta suonarono i Carabinieri,

alla loro vista rimanemmo tutti atterriti, ci aspettavamo una notizia con un filo di speranza, ma erano lì perchè ci notificarono il decesso di nostro padre, di nostro fratello, di mio marito Fortunato.

Fortunato, un imprenditore onesto, un lavoratore che amava la sua famiglia, la mattina si alzava di buon ora per andare a lavorare dignitosamente nella sua impresa agricola, ma qualcuno lo assillava, lo assoggettava al ricatto più odioso, la sicurezza del suo nucleo famigliare.

Determinato a uscire fuori da quella sopraffazione, Otto anni fà si animò di coraggio e da solo si recò in Via Grecia, 74 a parlare con il Navarria, lo affrontò ribadendo che non voleva più sottostare ai suoi ricatti estorsivi, voleva finirla lì, desiderava ritornare di nuovo Libero, ma non aveva fatto i conti con la natura di quel criminale, non aveva previsto e pensato alle sue logiche mafiose che lo condannarono a non ritornare più nella sua famiglia.

Aldo Navarria  doveva essere in carcere al 41/bis, ma incredibilmente dopo 26 anni, riuscì a tornare in libertà.

Dicevano che si era redento, era diverso, così si sono pronunciati, lui lo spazzino del clan “U’ Malpassotu” tornò libero, un criminale con sei omicidi accertati, un uomo senza un briciolo di umanità, un personaggio che uccideva le sue vittime e li faceva sparire bruciando i corpi con i copertoni usati.

Fortunato è stato condannato e giustiziato da un esponente di un clan mafioso senza scrupoli e senza umanità.

Fortunato deve essere ricordato da tutta la comunità come esempio, di una lotta alla mafia senza precedenti.