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Siracusa 11/Aprile 2016

Oggi il giudice Alessandra Gigli, ha emesso la sentenza condannando sette persone, appartenenti al clan “Bottaro-Attanasio”.

Il processo era scaturito dalla testimonianza dell’imprenditore, con l’assistenza dell’associazione Antiracket Libera Impresa di Belpasso.

L’imprenditore, Testimone di Giustizia, aveva riferito nomi e circostanze di una serie di episodi di pesanti estorsioni e il Pm Andrea Ursino, nella requisitoria pronunciata il 30 novembre scorso, aveva invocato al tribunale penale di Siracusa la condanna nei confronti di tutti e sette gli imputati alla sbarra.

Così è stato: 12 anni di reclusione e 12 mila euro di multa per Pasqualino Mazzarella (che una volta espiata la pena dovrà essere sottoposto alla libertà vigilata per tre anni),

Otto anni e 8 mila euro per Michele Cianchino,

Otto anni e 8 mesi più ammenda da 8 mila euro per Salvatore Brancato e Otto anni e 8 mila euro per Concetto Garofalo, Nove anni e 9 mila euro per Andrea Fortuna, TRE anni e 4 mesi e 800 euro per Alessandro Garofalo e TRE anni e 4 mesi e 800 euro di multa per Sebastiano Garofalo, figlio di Concetto.

È stata disposta inoltre l’interdizione perpetua dai pubblici uffici per Salvatore Brancato, Michele Cianchino, Andrea Fortuna, Concetto Garofalo e Pasqualino Mazzarella mentre per Alessandro e Sebastiano Garofalo l’interdizione prevista è di 5 anni. Tutti gli imputati (ad esclusione di Fortuna) sono stati condannati al risarcimento del danno in favore di Montoneri oltre che alle associazioni costituitesi parti civili per oltre 15 mila euro oltre al rimborso per le spese generali e per 15.000 euro a beneficio dell’imprenditore. Il giudice infine ha disposto il dissequestro dei veicoli ordinandone l’immediata restituzione a Montoneri.

Le indagini della Squadra Mobile di Siracusa, coordinate dalla Dda della Procura di Catania, hanno preso il via a Maggio 2013.

Secondo la ricostruzione il gruppo, per “soddisfare” le proprie esigenze di mobilità si recava nella concessionaria e portavano via auto o moto, che rimanevano sempre intestate e in carico all’autosalone, senza pagare alcunché. Il titolare subiva intimorito sino a quando, dinanzi all’ennesimo prelievo di un veicolo come tangente del clan, ha deciso di denunciare le estorsioni subite.

Libera Impresa esprime soddisfazione per la giusta sentenza.